Videodrome
Un
regista seminale e un film, il suo capolavoro, che può essere
considerato come il manifesto delle trasformazioni nella materia della
visione contemporanea: scomposta sovvertita imperfetta. Max Renn lavora
per un rete via cavo che vive di bassa programmazione. Riceve la cassetta
di un video pirata, Videodrome appunto, una misteriosa e inquietante
trasmissione snuff che mostra torture e morte in diretta, e da questo
punto si immerge in un universo parallelo e allucinatorio che lo porterà
al limite estremo dell'inglobazione catodica e dell'autodistruzione.
Videodrome presenta come tematiche principali la mutazione e la contaminazione
tra opposti e lo fa su due livelli: dal punto di vista della storia
raccontata, mostra i processi di fusione tra l’organico e l’inorganico
attraverso una corporeizzazione del dispositivo televisivo che diventa
carne e un corpo di carne che funziona come un videotape; esternamente,
ibrida il linguaggio cinematografico con gli stessi processi di mutazione
e contaminazione che agiscono sui corpi dei personaggi e sulle tecnologie
elettroniche con cui essi si trovano coinvolti nel corso del film. L'inconoscibilità
è totale: non sappiamo mai chi sta parlando, i confini tra sogno,
realtà e allucinazione sono continuamente riattraversati; il
livello della coscienza degli spettatori è sospeso e come duplicato
da quello della coscienza dei personaggi, che si scoprono continuamente
diversi da quello che noi credevamo che fossero o da come essi stessi
pensavano di essere. A ogni livello domina la confusione tra codici
diversi che si sovrappongono, sia per il protagonista, perduto in un
mondo incrociato di immagini e di segnali di emissione e ricezione del
canale televisivo Videodrome, sia per lo spettatore, invischiato anche
lui in un incontro-scontro di decodifiche che lo sottopongono a un dubbio
incessante riguardo alla verità delle immagini, della narrazione
e dei personaggi.
Il dispositivo televisivo viene considerato come un'estensione del sistema
nervoso umano, determinata dalla creazione di un ambiente artificiale
totale che annulla la distanza simbolica ma anche concretamente fisica
fra noi e il mezzo, trascinandoci in un flusso informativo incontrollato
che impone la necessità di una rifondazione delle nostre convinzioni
su ciò che è reale e ciò che è simulato
o riprodotto. Riflettendo su tali problemi, Cronenberg, in grande anticipo
sui tempi, immagina una nuova carne, nella convinzione che
il rapporto dell’uomo con la tecnica ormai non consiste più
in qualcosa a cui il corpo deve sottoporsi, piegarsi, ma è prima
di tutto un qualcosa che trasforma il corpo stesso fino a reinventarlo,
a modificarlo attraversandolo con una sottile metamorfosi. Si prefigura
quindi la nascita di un nuovo tipo di spettatore, libero dall' illusione
per cui le immagini non sono altro che la semplice riproduzione della
realtà, capace di decostruirle con un'attenta resistenza, da
condurre sia internamente che esternamente al medium stesso. Per annullare
quella tendenza contenuta nella frase del Professor O’Blivion
(una sorta di Marshall MacLuhan distopico) per cui “la televisione
è la realtà e la realtà è meno della televisione”,
responsabile dell’immersione progressiva del protagonista Max
Renn (interpretato da un extra-ordinario James Woods) in un mondo di
allucinazioni programmate come le trasmissioni di un canale televisivo.

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