rage against the machine
Non
hai niente se non hai le storie afferma Leslie Silko, scrittrice
indiana d'America. E i Rage Against The Machine di storie da raccontare
ne hanno davvero tante, tra i pochi gruppi negli anni '90 a riportare
la musica ad un livello di politicizzazione molto elevato.
Un gruppo assolutamente coinvolto nella lotta per i diritti umani fondamentali,
indissolubilmente legati alla propria ideologia, tanto da portare la
musica ad essere un supporto, un mezzo di comunicazione, un esercizio
di energia fisica e mentale orientata a trasmettere un messaggio forte,
qui e ora. Zack de La Rocha, mente pensante e voce del gruppo, ha risvegliato
cuori e cervelli, riportando nuovamente il rock sul crinale dell'illegalità
dello scontro sociale, diventando per molti uno dei simboli della lotta
contro l'establishment, siano le multinazionali, il sistema di vita
americano, gli organi giudiziari o semplicemente un certo modo discriminante
di pensare.
Ora sono tornati, incazzati più di prima: alle ore 22 circa,
Zack, Tom Morello & C. salgono sul palco del Braglia con tute arancioni
e cappucci neri in testa, come i detenuti irakeni dentro il carcere
di Guantanamo, e sono in piena forma, lo si vede, ma soprattutto lo
si sente.
Un grande concerto, di impatto stordente, sicuramente frenetico ed eclettico,
un concerto esattamente come ai tempi delle prime esibizioni: grande
coinvolgimento sopra e sotto il palco, suono a ritmo spesso dispari,
reso ancora più coinvolgente da una sezione ritmica granitica.
Le liriche sono crudissime e brani come Bullet in the Head
o Killing in the Name ti spaccano ancora in due. Che dire ancora
di questa storia? Sembra che per i RATM la lotta non sia ancora finita...
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