Mono
Il Giappone ancora una volta conferma la propria vocazione sonora totale
e priva di compromessi, come anche la capacità di rielaborare
il materiale estetico proveniente dall'Occidente secondo la propria
visione culturale profonda, trasformandone completamente il senso.
I quattro Mono (due chitarre, basso e batteria, bellissimi a vedersi)
sono esattamente monotematici: le loro composizioni sono impostate seguendo
uno schema libero ma preciso, dalla iniziale delicatezza e rarefazione
space ambient alla finale densità space noise, iperpassato e
iperfuturo, un concerto in fragile equilibrio emotivo tra gli opposti
del tutto vuoto e tutto pieno.
Musica come rituale, musica come dramma che si evolve esattamente come
la vita, conducendo all'inevitabile catarsi e, sarò ripetitiva
quando mi trovo di fronte all' "arte" nipponica, musica che
sempre fa riferimento e in un modo neanche troppo criptato a una tradizione
di codici e sottocodici estetici arcaici, forse inconsci, forse no.
Avrei dovuto chiederglielo...



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