Immortal (ad vitam)
Dopo
la delusione dell’anteprima berlinese al 18. Fantasy FilmFest
di questa estate, dove non siamo riusciti a trovare i biglietti, ci
precipitiamo al cinema increduli per la velocità con cui questo
film è uscito anche da noi. Il cinema è vuoto e il fatto
aggiunge ulteriori punti interrogativi sui gusti cinematografici dello
spettatore medio italico…
Il film è un’immersione in un universo visionario che fonde
passato, presente e futuro, creato dalla mente incredibile di Enki Bilal,
e da lui trasposto dalle proprie tavole a fumetti (La fiera degli
immortali, La donna trappola e Freddo equatore,
pubblicati tutti tra gli anni Ottanta e Novanta e conosciuti anche come
la trilogia Nikopol) al grande schermo.
Siamo a New York nel 2095, una megalopoli in cui convivono essere umani,
alieni e mutanti, in pieno clima elettorale paradossalmente univoco;
una piramide compare nel cielo, al suo interno l'antico dio egizio Horus
si risveglia a sette giorni dalla fine del suo tempo quasi-immortale;
insieme a Bastet e Anubis elabora un disegno misterioso per procreare
un successore. Jill è una donna dai capelli e dalle lacrime blu
e non ha memoria. Viene accolta e protetta da una ricercatrice (Charlotte
Rampling, ancora bellissima) a causa della particolarità della
propria struttura genetica, una struttura che la elegge come madre perfetta
del nuovo dio. Contemporaneamente, il sovversivo Nikopol viene incidentalmente
liberato dalla prigione criogenica a cui era stato condannato: in lui
Horus trova un corpo umano che funzioni da ospite per portare a compimento
il proprio piano e ingravidare l'inconsapevole Jill.
In Immortal (ad vitam) la storia e la struttura visiva sembrano
coincidere. Bilal unisce attori "reali" e creazioni di grafica
computerizzata, amalgamandoli in uno scenario che riproduce quasi perfettamente
la complessità dell''universo grafico di origine fatto di fantastici
grigi-azzurri, ferro corroso, cicatrici e umanità post cyber,
soprattutto ne riproduce il senso di caos e mistero, di incompiutezza
e sospensione del giudizio. In questo universo mutante e complesso Bilal
assegna allo spettatore, come prima al lettore, il compito di ricostruire
i significati da assegnare alle varie situazioni e ai personaggi, colmare
i vuoti e rarefare i pieni in base alla propria sensibilità e
alla propria immaginazione.
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