Gallon drunk
Dopo anni di silenzio, ecco riapparire i Gallon Drunk: londinesi di
Camden, parliamo di un'autentica cult band, un gruppo che, a dispetto
del ruolo di secondo piano assegnatogli nelle cronache ufficiali del
rock, non può che figurare al fianco di gente come Birthday Party,
Cramps o Gun Club. Il gruppo di James Johnston (voce, chitarra, organo),
leader indiscusso e vero artefice dei Gallon Drunk, ha dato vita ad
una serata dai toni roventi per compattezza, energia selvaggia e coesione
strumentale, guidata da un drumming ossessivo e incalzante, un live
impostato sui pezzi tratti dai loro primi album. La musica è
sempre stata quella tesa, nervosa e rituale, cui i Gallon Drunk ci hanno
abituato fin dai primi anni Novanta, senza cadute di tono nè
cedimenti, quasi la band volesse ripercorrere tutta la propria storia
nello spazio bruciante e claustrofobico di un concerto. Suono sporco
e violento delle chitarre, sottolineato dal sax graffiante di Ian Watson
che si fonde con l'inconfondibile voce di James Johnston, il cui timbro
oscuro apre a suggestioni drammatiche e cerimoniali. Un miscuglio di
blues, surf, country, suonato ai 300 all'ora con uno stile che raccoglie
la tensione evocativa del suono di Howlin' Wolf e di Bo Diddley, pulsioni
rockabilly e derive di rock'n'roll suburbano. Grandi.
Foto >> Luca Tassinari
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