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Collateral

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Michael Mann (Manhunter, Insider, Alì tra i suoi film più noti) potrebbe essere definito come il maestro contemporaneo dell'azione interiore, un costruttore di mondi formati da una coerenza estetica di solito ignota al comune cinema commerciale, anche se all'interno di questo, ed è proprio questa coerenza nell'immagine e nel racconto a renderlo interessante.
In Collateral il tassista Max viene sequestrato da un killer professionista, Vincent (Tom Cruise), che deve uccidere sei persone, testimoni collegati da un'inchiesta su una banda di narcotrafficanti. Max deve fare da autista e condurre Vincent dalle sue vittime, in una notte di violenza e omicidi a sangue freddo, ancora più spaventosi in quanto impersonali.
Il thriller serrato che si sviluppa a partire da questa traccia sembra il pretesto per la messa in scena di una celebrazione in negativo della Los Angeles contemporanea, la vera metropoli postmoderna che si espande fino a invadere lo spazio interiore dei personaggi.
I personaggi a loro volta sono generati dalla metropoli, si delineano lentamente attraverso il contrasto tra i vuoti e i pieni, negli squarci inflitti all'oscurità dalle luci artificiali dei non-luoghi urbani nel continuum spazio temporale dominato dalle comunicazioni e dalle merci immateriali.
Su questo sfondo i due protagonisti intraprendono un percorso forzato di conoscenza reciproca condotto con dialoghi accuratissimi e concreti, confondono le loro esistenze e si scambiano i ruoli più di una volta, in un tempo congelato su un presente complesso e contemporaneamente assente in cui il bene e il male non sono altro che la rappresentazione della totalità dell'essere umano.

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